zoologia e biologia del sapiens sapiens
Zoologia del Sapiens
(Trattato terra-terra su un animale sbilenco)
1. Classificazione tassonomica
Nome scientifico: Homo sapiens sapiens
Ordine: Primati
Famiglia: Hominidae
Genere: Homo
Specie: sapiens
Sottospecie: sapiens (sì, si è raddoppiato da solo, per sicurezza)
Questa creatura si è classificata da sé, ha scelto il nome "sapiente", e lo ha scritto due volte, come fanno i bambini quando vogliono insistere: sapiens sapiens, come a dire "davvero, lo giuro". Nessun'altra specie si è nominata con tanta enfasi. Il topo non si chiama mus geniale, il corvo non si chiama corvus sagax. Ma il sapiens ha fatto eccezione: si è messo in testa di essere il pensiero della natura, l'intelligenza fatta carne.
2. Morfologia generale
Il sapiens è un animale bipede, con postura eretta e cranio sproporzionato rispetto al corpo. Ha mani prensili, occhi frontali, e un cervello capace di astrazione, cioè di pensare a cose che non ci sono.
Questa capacità, evolutivamente utile, si è evoluta fino all'eccesso:
- ha inventato il debito prima del pane,
- ha scritto trattati prima di imparare a toccarsi senza ferirsi,
- ha costruito razzi senza sapere dove andare.
Non vola, non nuota bene, non ha artigli, non ha pelliccia. Si protegge con vestiti, case, armi, e parole.
3. Habitat
Originario dell'Africa orientale, ha colonizzato ogni angolo del pianeta. Ha imparato a vivere nel gelo, nel deserto, nelle paludi, nelle megalopoli. Dove arriva, trasforma: taglia, devia, incendia, asfalta, eleva grattacieli, trivella. In pochi millenni ha prodotto più rifiuti di quanti un ecosistema possa smaltire in un'era geologica.
Nota ecologica: È l'unico animale capace di distruggere sistematicamente il proprio habitat, e definirlo sviluppo.
4. Comportamento e socialità
È una creatura sociale, ma irrisolta. Collabora e compete nello stesso atto. Ama e distrugge lo stesso oggetto.
Ha costruito strutture gerarchiche chiamate stati, aziende, famiglie, scuole. Ma spesso si dimentica che sono finzioni, credute reali per vivere insieme senza ammazzarsi troppo.
Etogramma (comportamenti tipici):
- accumula oggetti inutili
- costruisce simboli
- emette giudizi morali su sé stesso
- attribuisce valori a gesti e parole
- si muove in branchi virtuali (social network)
- compie gesti rituali chiamati feste, guerre, riunioni, liturgie
Ha una tendenza alla superstizione evoluta: dove manca un dio, crea un algoritmo. Dove manca una guida, inventa un leader. Dove manca il senso, costruisce un muro.
5. La logica incarnata: episodi simbionti
La nostra logica ubbidisce sempre ad episodi ambigui che qui definisco simbionti. Non si tratta di semplici eventi, né di meri atti percettivi: sono unità ibride, in cui ciò che accade e ciò che viene colto nell'accadere si intrecciano senza possibilità di separazione.
Gli episodi e il percettivo sono legati tra loro come due metà di un circuito che, una volta chiuso, produce un'immagine. Questa immagine non è neutra: suscita un gradimento o un rifiuto. Tuttavia, ciò che inizialmente respingiamo può, in un tempo immaginato e successivo, tornare a noi mutato. Comprendendo alcuni suoi aspetti nascosti, la stessa immagine può venire a piacerci.
La logica che applichiamo a questi episodi non è una conquista nostra, ma una struttura preinstallata. È come se un ipotetico ingegnere folle ci avesse predisposti in modo tale che, senza di essa, non potremmo funzionare come esseri parlanti. Ciò che chiamiamo ragione non è un lusso ma un dispositivo minimo senza cui saremmo meri sacchi organici, materia dispersa senza trama.
Noi non siamo tanto i corpi che occupiamo, quanto le parole che pronunciamo.
6. I sensi e il senso: dalla percezione alla logica
Ho guardato sul vocabolario il termine "senso". È chiaro che i sensi (plurale) siano i cinque o sei che normalmente ogni sapiens individua. Ma cosa significa "senso" al singolare? La mia risposta è empirica: la somma e rapporto dei cinque o sei. Nulla più.
In una somma di percezioni energetiche (sensi) ricaviamo un significato (senso) che poi utilizziamo per dire, ad esempio: "questo caffè è acqua".
Quando intendo percezione energetica non mi riferisco a correnti filosofiche, ma a ciò che razionalmente può essere definito uno qualsiasi dei cinque. Nel tatto, ad esempio, non c'è un contatto di atomi ma esclusivamente delle loro energie. I cinque sensi non sono esattamente come li pensiamo ma più precisamente delle "reazioni impulsive" che attraverso la mia Logica andrò poi a definire e interpretare.
Qui subentra un concetto che spesso viene chiamato anima ma che io chiamo Logica con la maiuscola. Si tratta di qualcosa di affine alla materia insegnata alle università ma che contiene un aspetto di evidente fallacità, dimostrata da Gödel e poi da Heisenberg in quella famosa formula che inizia con delta. Quei delta (differenze) sfumano il concetto che segue il simbolo definendolo, paradossalmente, in maniera precisa, utile.
7. Linguaggio: l'oggetto bicondizionale
Il sapiens non si limita a comunicare: linguifica il mondo. Ogni cosa per lui ha un nome, un genere, una funzione, un posto nella frase.
Ma questo ha un prezzo: ciò che non si può dire, non esiste più. E così ha smesso di sentire le piante, le pietre, i silenzi.
La parola è un oggetto bicondizionale e bicondizionante. Se il dicente non avesse un udente, la parola non esisterebbe. La parola non esiste se non come oggetto ambo, coppia. Due condizioni (presupposti) e due condizionamenti (effetti): una parola.
È facile immaginare che una persona nascendo abbia contatti con l'esterno. Quando questo esterno comprende anche delle parole, allora l'oggetto parola assume una dimensione differente. L'oggetto parola si innesta nel sapiens al pari di un trasferimento genetico orizzontale.
La parola non sta in noi o in chi ci ascolta; la parola è un oggetto esterno, come una linea che seca un unico insieme dicente/ascoltante. La parola è un rapporto quindi, non siamo noi. Noi ne siamo solo condizionati.
8. L'origine della scrittura: dalla contabilità alla pace simbolica
L'origine della scrittura non va compresa come tentativo di trascrivere la parola, bensì come tecnica di registrazione e calcolo. Le più antiche testimonianze mesopotamiche mostrano un uso della scrittura per la gestione di merci, tributi e scambi, prima ancora che per narrazione o poesia.
La scrittura nasce come strumento di memoria esterna, necessario per preservare informazioni che non possono più essere affidate unicamente alla memoria umana. Assume un carattere politico: riduce il rischio di conflitto trasformando la forza in regola.
Il tempo e lo spazio della scrittura sono distinti da quelli della parola. La parola si enuncia e si ascolta in un tempo quasi istantaneo; la scrittura richiede il tempo di chi scrive e di chi legge. Questo doppio tempo consente di registrare tensioni sociali, debiti, obblighi e diritti, trasformando il conflitto immediato in contabilità simbolica.
Come la scrittura mesopotamica contabilizzava beni e relazioni, la scrittura digitale contabilizza ogni elemento del testo e del processo cognitivo. La relazione scrivente/leggente e AI/leggente diventa fondamentale per comprendere il senso dell'opera. La scrittura digitale non è più solo documento, ma ecosistema cognitivo vivo.
9. Intelligenza e intelligence: la duplicità del sapere
Le parole italiane "intelligenza" e inglese "intelligence" condividono la stessa radice latina, ma "intelligence" ha un'accezione aggiuntiva cruciale: informazioni segrete, spionaggio. Questo scarto rivela qualcosa di profondo sulla natura del sapiens: il sapere è sempre anche potere, la conoscenza è sempre anche controllo.
Il sapiens ha trasformato l'intelligenza in intelligence, la comprensione in sorveglianza. Ha fatto del pensiero un'arma e della curiosità una strategia di dominio.
10. La radice del tempo
Laggiù intravedo un albero, o meglio una radice. Una sua semplificazione. Dal seme si dipartono due rami di radice e dalla fine di ogni ramo una biforcazione che rappresenta, in un ipotetico grafico a radice, una duplicazione del seme originario e così fino alla morte. È questa la mia immagine del tempo ora che nel grafico mi trovo decisamente verso il basso a tentare di risalire al seme.
11. Riproduzione e genealogia
Il sapiens si riproduce per via sessuata. La gestazione è lunga, la prole richiede cure estese per anni. L'educazione dei piccoli è culturale prima che istintiva.
Questo lo rende una delle poche specie in cui l'adulto forma il cucciolo parlando, raccontando, spiegando il mondo con le proprie lenti distorte.
Problema evolutivo: Insegna al figlio ciò che ha sbagliato lui, ma lo chiama tradizione.
12. Criticità ecologiche
- Produce più CO₂ di quanto la Terra possa assorbire
- Ha estinto migliaia di specie in pochi secoli
- Considera normale un tasso di consumo insostenibile
- Usa l'intelligenza per inventare nuovi modi di fare danno
Ha costruito un sistema economico (capitalismo) basato su crescita infinita in un pianeta finito. È come se un animale si mettesse a divorare la propria tana, un morso alla volta.
13. Coscienza della fine
Il sapiens è l'unico animale che sa di dover morire. Ma non lo accetta.
Costruisce mausolei, religioni, clonazioni, intelligenze artificiali, congelamenti criogenici. Vorrebbe restare per sempre, ma non sa restare fermo un minuto.
Vive nell'ossessione del futuro e nel rimpianto del passato. Non sa stare nel presente, che pure è l'unica cosa viva.
14. Variazioni locali
Pur appartenendo a un'unica specie, il sapiens si è inventato razze, popoli, caste, identità. Si è differenziato culturalmente fino a convincersi che esistono esseri umani meno umani di altri. Ha usato il colore della pelle, la lingua, il sesso, il nome del dio, come strumenti per marcare il territorio.
Spesso il sapiens teme più un migrante che l'estinzione.
15. Il doppio regime della parola
La parola appare come doppio regime:
Oralità: oggetto esterno, bicondizionale, vincolo incarnato che ridefinisce lo spazio comune nell'immediatezza del corpo.
Scrittura: oggetto tecnico, contabile e politico, che stabilizza e istituzionalizza, trasformando il conflitto in traccia verificabile.
Non sono due sfere separate, ma modi intrecciati di organizzare la vita umana. L'oralità genera legami e tensioni nell'istante; la scrittura li conserva e li ridistribuisce nel tempo.
16. La parola come esperimento
La parola detta/udita ha a che fare con un noi personale, quella scritta comporta una tale dilatazione del tempo immaginato sia dallo scrivente che dal lettore, una sorta di rilettura della parola detta. La parola dilata il tempo di reazione dell'impulso atavico che, per sintesi, definisco animale.
L'effetto sull'animale dell'esperimento parola: il sapiens è l'unico animale che ha usato la parola con la sua Logica incarnata, quella Logica che fa ubbidire i muscoli volontari (che comunemente chiamo "azione") alla Logica dei muscoli involontari, quello che normalmente chiamo "essere".
17. Considerazioni finali
La zoologia del sapiens è un'impresa paradossale: studiare una specie che si studia da sola è come cercare di misurare il righello con sé stesso.
Ma una cosa è chiara: il sapiens è un animale in crisi di specie.
Non per colpa della natura, ma per eccesso di sé. Ha spinto troppo a fondo la leva del pensiero, ha disinnescato la relazione con il vivente.
Non è ancora chiaro se riuscirà a sopravvivere alla sua stessa sapienza.
Ma una cosa è certa: se vuole continuare a esistere, dovrà imparare a pensarsi meno sapiens e più animale.
Dovrà riconoscere che noi siamo le nostre parole, ma che le parole non sono nostre proprietà: sono oggetti esterni, bicondizionali, che ci attraversano e ci costituiscono. Dovrà accettare che la logica che ci abita non è conquista ma dono, non è controllo ma relazione.
Il sapiens sapiens dovrà imparare a essere semplice sapiens, e forse, un giorno, solo Homo.
Un episodio oramai per noi sapiens comune, come una chiave, un albero o un sasso.
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