Parola

E' facile immaginare che una persona nascendo abbia contatti con l'esterno. 

Quando questo esterno comprende anche delle parole, allora l'oggetto parola assume una dimensione differente. 

L'oggetto parola si innesta nel sapiens al pari di un trasferimento genetico orizzontale. La parola non sta in noi o in chi ci ascolta; la parola è un oggetto esterno, come una linea, una linea che seca un unico insieme dicente/ascoltante. La parola non esiste se non detta/scritta e udita/letta (meglio esiste ma non la si sa) ma ognuno di noi sa che esiste e cos'è. 

La parola è un rapporto quindi, non siamo noi. 

Noi ne siamo solo condizionati.

La parola infatti è bicondizionale e bicondizionante.

A nessuno verrebbe in mente di prendere un libro pieno prevalentemente di interpunzioni dalla Biblioteca di Babele di Borges; e nessuno mai si sognerebbe di scriverne uno per quella biblioteca del cazzo.

Se io parlo/scrivo e se qualcuno mi ascolta/legge questo condiziona entrambi. Io ho dovuto tirar fuori parole e l'altro ha dovuto rielaborarne il senso. 

L'esito che produce il dire/scrivere e udire/uscrivere non conta, quello siamo noi, non è parola.

La parola nel sapiens c'è non perché sappia articolare dei suoni, ma perché per primo, tra gli animali, l'ha usata con la sua Logica incarnata quella Logica che fa ubbidire i muscoli volontari (che comunemente chiamo "azione"), alla Logica dei muscoli involontari, quello che normalmente chiamo "essere". 

È questa la linea parola che seca l'insieme dicente/udente 

Un episodio oramai per noi sapiens comune, come una chiave, un albero o un sasso.

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