La parola come doppio regime: orale e scritta

Nascere significa essere gettati in un esterno già formato. Il neonato non conosce purezza né autosufficienza: dal primo respiro è immerso in un ambiente che lo tocca, lo nutre, lo condiziona. L’esterno non è contorno, ma condizione di vita. Per il sapiens, questo ambiente comprende corpi, odori, gesti e anche parole: vibrazioni ordinate che incidono l’orecchio e il corpo prima ancora di essere comprese.

Qui si apre lo scarto decisivo. Quando l’esterno include parole, diventa linguistico. La parola non appartiene al corpo umano, ma vi si innesta come forza esterna capace di modificarlo. Da subito, il sapiens vive dentro un regime sonoro che lo plasma: la lingua.

La parola orale non è proprietà di chi parla, né deposito di chi ascolta. Esiste solo bicondizionalmente: deve essere pronunciata e accolta, come corrente che circola soltanto se il circuito è chiuso. È anche bicondizionante: influenza simultaneamente parlante e ascoltatore, ridisegnando ruoli e vincolando entrambi a reagire.

La sua forza sta nell’esteriorità. Non è sostanza interiore, ma vibrazione, segno, utensile che attraversa uno spazio comune come un piano geometrico attraversa un solido. Non annulla l’unità, ma produce differenza e relazione: fa di due individui un insieme interattivo. La parola orale è vincolo incarnato, legata al corpo, al respiro, al lavoro dei muscoli volontari e involontari. È una logica incarnata: media tra necessità biologica e gesto volontario.

Questa parola fragile e potente genera presto una seconda traiettoria: la scrittura. Non nasce per trascrivere l’oralità, ma per registrare e contabilizzare. Le prime tavolette mesopotamiche contano beni, tributi e obblighi. La scrittura si impone come memoria esterna, strumento politico capace di ridurre l’arbitrio e rinviare il conflitto.

Se la parola orale vive nella tensione reciproca, la scrittura stabilizza e rende verificabile. Trasforma il flusso sonoro in traccia, sospende l’immediatezza e la converte in regola. Goody ne mostra la funzione amministrativa; Ong la definisce rivoluzione cognitiva; Derrida la pensa come trace, differimento e istituzione del senso. Platone stesso, pur diffidando della scrittura come simulacro del dialogo vivo, ne riconosce la forza di conservazione.

Accanto alla parola incarnata e bicondizionale, prende forma la parola scritta: emancipa dal tempo istantaneo per abitare un doppio tempo — quello di chi scrive e quello di chi legge. Codici, trattati e archivi diventano strumenti di memoria e predittività.

Con il digitale, la scrittura diventa memoria globale e calcolo distribuito: archivi planetari, algoritmi, blockchain. Non si limita a conservare, ma genera previsioni: apre tempi reali, differiti e predittivi, trasformando la gestione del conflitto in governo dei dati. Questo aumento di potere introduce nuove responsabilità: trasparenza, tutela dei diritti, limiti etici.

In questa architettura unificata, la parola appare come doppio regime:

  • orale, oggetto esterno, bicondizionale, vincolo incarnato che ridefinisce lo spazio comune nell’immediatezza del corpo;

  • scritta, oggetto tecnico, contabile e politico, che stabilizza e istituzionalizza, trasformando il conflitto in traccia verificabile.

Non sono due sfere separate, ma modi intrecciati di organizzare la vita umana. L’oralità genera legami e tensioni nell’istante; la scrittura li conserva e li ridistribuisce nel tempo. Ogni società vive dentro questo doppio regime, oscillando tra il rischio vivo della parola pronunciata e la pace simbolica della parola registrata.

Figura concettuale della Parola nel doppio regime

Asse verticale – Oralità

  • Flusso immediato, vibratorio, corporeo.

  • Taglia lo spazio interumano come un piano geometrico: divide e connette simultaneamente.

  • Bicondizionale: esiste solo se parlante/udente chiudono il circuito.

  • Bicondizionante: modifica entrambi i poli della relazione.

  • Tempo: istantaneo, fragile, incarnato.

Asse orizzontale – Scrittura

  • Traccia differita, materiale, politica.

  • Fissa e conserva ciò che il flusso orale disperderebbe.

  • Trasforma conflitto in regola, immediatezza in calcolo.

  • Tempo: differito, esteso, verificabile.

Intersezione – Campo della Parola

  • Punto in cui i due assi si incontrano.

  • Qui la parola appare nella sua natura duplice: gesto incarnato e istituzione simbolica.

  • Ogni parola vive in questo incrocio: pronunciata e poi registrata, scritta e poi detta, corpo e traccia.

Rappresentazione schematica (testuale)

                ORALITÀ
                (verticale)
                   │
                   │   Taglio/incisione
                   │   Vincolo incarnato
                   │
        ───────────┼────────── SCRITTURA
                   │           (orizzontale)
                   │
                   │   Traccia/contabilità
                   │   Differimento politico
                   │

         INTERSEZIONE = CAMPO DELLA PAROLA
   (corpo + traccia, immediato + differito, 
       vincolo + istituzione)

Se rimane solo orale, rischia di perdersi nell’istante.
Se rimane solo scritta, rischia di irrigidirsi come pura regola.

Nel loro intreccio, la parola non è solo segno o regola, ma la condizione stessa del vivere insieme. Nell’incrocio tra corpo e traccia, tra immediato e differito, diventa dinamica vitale e politica: ciò che ci vincola, ci trasforma e ci istituisce come umani.

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