La Parola nel doppio regime (dinamiche di potere e trasformazioni tecnologiche)

Nascere significa essere gettati in un esterno già formato. Il neonato non conosce purezza né autosufficienza: dal primo respiro è immerso in un ambiente che lo tocca, lo nutre, lo condiziona. L'esterno non è contorno, ma condizione di vita. Per il sapiens, questo ambiente comprende corpi, odori, gesti e anche parole: vibrazioni ordinate che incidono l'orecchio e il corpo prima ancora di essere comprese.


Qui si apre lo scarto decisivo. Quando l'esterno include parole, diventa linguistico. La parola non appartiene al corpo umano, ma vi si innesta come forza esterna capace di modificarlo. Da subito, il sapiens vive dentro un regime sonoro che lo plasma: la lingua.


**Il Regime Orale e le sue Contraddizioni**


La parola orale presenta una natura paradossale. Da un lato appare bicondizionale: deve essere pronunciata e accolta, come corrente che circola soltanto se il circuito è chiuso. Dall'altro è bicondizionante: influenza simultaneamente parlante e ascoltatore, ridisegnando ruoli e vincolando entrambi a reagire. Tuttavia, questa apparente reciprocità nasconde asimmetrie profonde.


La parola del re, del sacerdote, del genitore non è bicondizionale nella stessa misura del dialogo tra pari. L'ordine militare, la benedizione rituale, il comando genitoriale attivano circuiti dove la condizionalità è già strutturalmente squilibrata. Anche l'oralità più "spontanea" è attraversata da codici, gerarchie, rituali che precedono e orientano l'apparente immediatezza del face-to-face.


La forza della parola orale sta nell'esteriorità incarnata. Non è sostanza interiore, ma vibrazione, segno, utensile che attraversa uno spazio comune. Tuttavia, questo attraversamento non è neutro: taglia lo spazio interumano secondo linee di forza che riflettono rapporti di potere, competenze differenziali, posizioni sociali. La parola orale è vincolo incarnato, legata al corpo, al respiro, al lavoro dei muscoli, ma anche alle possibilità materiali di prendere la parola: chi può parlare, quando, dove, con quale autorità.


**La Scrittura tra Controllo e Differimento**


La parola orale genera presto una seconda traiettoria: la scrittura. Non nasce per trascrivere l'oralità, ma per registrare e contabilizzare. Le prime tavolette mesopotamiche contano beni, tributi e obblighi. La scrittura si impone come memoria esterna e strumento politico, capace di ridurre l'arbitrio e rinviare il conflitto, ma anche di cristallizzarlo in forme di dominio.


Tuttavia, caratterizzare la scrittura come pura "emancipazione dal tempo istantaneo" risulta parziale. Spesso la scrittura è proprio controllo dell'istante: l'ordine militare che deve essere eseguito immediatamente, la sentenza che decide del destino di un individuo, il contratto che vincola nel momento stesso della firma. La scrittura non sempre diferisce: talvolta precipita l'azione, la rende irreversibile, la sottrae alla negoziazione orale.


Con Goody possiamo riconoscerne la funzione amministrativa; con Ong la rivoluzione cognitiva; con Derrida il differimento e l'istituzione del senso. Ma dobbiamo anche riconoscere che ogni forma di scrittura produce i suoi specifici effetti di potere: codici che escludono gli analfabeti, archivi che selezionano ciò che merita conservazione, burocrazie che trasformano la vita in pratica.


**Il Digitale: Accelerazione e Predizione**


Con il digitale, la scrittura diventa memoria globale e calcolo distribuito. Ma non si limita a differire temporalmente: accelera l'immediatezza fino a renderla più veloce della riflessione umana. Gli algoritmi decidono in millisecondi, le piattaforme reagiscono in tempo reale, i mercati finanziari si autoregolano attraverso scambi automatici che precedono ogni decisione umana consapevole.


Il digitale apre tempi reali, differiti e predittivi simultaneamente. Non solo conserva il passato e organizza il presente, ma genera previsioni che si autoavverano: credit scoring, profilazione comportamentale, raccomandazioni algoritmiche che influenzano le scelte che pretendono di predire. La gestione del conflitto diventa governo anticipatorio: non si tratta più di rispondere ai problemi, ma di prevenirli attraverso il calcolo probabilistico.


Questo aumento di potere introduce responsabilità inedite, ma anche forme di controllo che sfuggono alla trasparenza democratica. Chi controlla gli algoritmi controlla le condizioni di possibilità del pensare e del decidere. La parola digitale non è né puramente orale né puramente scritta: è calcolo incarnato in infrastrutture tecniche che ridefiniscono le condizioni materiali del vivere insieme.


**Campo Dinamico della Parola**


In questa architettura complessa, la parola non si presenta come doppio regime statico, ma come campo dinamico in continua riconfigurazione. Ogni tecnologia della parola trasforma retroattivamente le precedenti: la stampa ridefinisce l'oralità trasformandola in "popolare" versus "colta"; il digitale trasforma la scrittura rendendola interattiva; l'intelligenza artificiale introduce agenti non-umani nel campo della parola, ridefinendo cosa significhi "parlare" e "ascoltare".


Non si tratta di intersezione geometrica tra assi fissi, ma di spirale evolutiva dove ogni configurazione tecnologica produce nuove forme di oralità e scrittura. La videochiamata non è né pura oralità (è mediata tecnicamente) né pura scrittura (conserva l'immediatezza corporea). I social media non sono né puro differimento (reagiscono istantaneamente) né pura immediatezza (lasciano tracce permanenti).


**Le Forme Concrete del Vivere Insieme**


Ogni configurazione del campo della parola produce specifiche forme del "vivere insieme". Nelle società a predominanza orale, il vivere insieme si organizza attorno alla presenza fisica, alla memoria incarnata, ai rituali condivisi. Nelle società scritte, attorno alle istituzioni, ai diritti codificati, alla separazione tra privato e pubblico. Nelle società digitali, attorno alle piattaforme, ai profili, alle reti distribuite.


Ma queste configurazioni non si sostituiscono linearmente: si stratificano, si ibridano, confliggono. Il tribunale contemporaneo conserva l'oralità del dibattimento, la scrittura della sentenza, il digitale della registrazione e archiviazione. La famiglia contemporanea vive nell'oralità della conversazione quotidiana, nella scrittura dei documenti legali, nel digitale delle chat e delle foto condivise.


La politica democratica stessa deve oggi fare i conti con questa stratificazione: come garantire la deliberazione quando gli algoritmi preselezionano l'informazione? Come conservare lo spazio pubblico quando le piattaforme private mediano la comunicazione? Come proteggere i diritti quando il controllo sociale diventa predittivo?


**Figura Dinamica del Campo della Parola**


```

        ORALITÀ ←→ ASIMMETRIE DI POTERE

            ↕

    IMMEDIATEZZA ←→ RITUALI CODIFICATI

            ↕

        PRESENZA ←→ AUTORITÀ INCARNATA

            ┃

    ════════╋════════ SCRITTURA ←→ CONTROLLO ISTITUZIONALE

            ┃           ↕

        TRACCIA ←→ DIFFERIMENTO ←→ CALCOLO PREDITTIVO

            ┃           ↕

        ARCHIVI ←→ ALGORITMI ←→ GOVERNANCE AUTOMATICA


    CAMPO DINAMICO = STRATIFICAZIONI TECNOPOLITICHE

    (ogni configurazione ridefinisce le precedenti,

     producendo forme ibride del vivere insieme)

```


Il campo della parola non è spazio neutro di comunicazione, ma arena dove si decidono le forme concrete della vita sociale. Nell'intreccio sempre mutevole tra corpo e traccia, tra immediato e differito, tra umano e artificiale, si gioca la partita fondamentale: chi può parlare, cosa può essere detto, quali parole contano, quali vengono archiviate, quali dimenticate, quali amplificate dagli algoritmi.


La parola rimane condizione del vivere insieme, ma un vivere insieme che deve essere continuamente rinegoziato nelle trasformazioni tecniche. Non basta più interrogare cosa diciamo: dobbiamo interrogare attraverso quali dispositivi lo diciamo, chi ascolta (umani e non-umani), cosa resta traccia e cosa si disperde, quali effetti produce la nostra parola in un campo dove parlare significa sempre anche essere calcolati.

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