Parola
Declinato da un significato sugli scritti (sulle parole scritte anche da scriventi e quindi non necessariamente da Scrittori) che a mio avviso sono distributori di tempo e quindi anche operatori di pace, ho provato ad estendere il concetto alla parola.
E' mia convinzione che la parola sia un oggetto, un oggetto bicondizionale e bicondizionante assieme.
Parto da un mio presupposto, non un dogma ma una convinzione, e cioè che, se il dicente non avesse un udente la parola non esisterebbe, così come uno scrivente non esisterebbe nella dimensione parola se non avesse un udente.
Quindi la parola non esiste se non come oggetto ambo, coppia. Da qui la bicondizionalità, due condizioni (presupposti) e due condizionamenti (effetti) , diventano essa stessa oggetto ambo. Due oggetti ambi. Una parola.
La parola, al di là dello ioide, del neuroimaging della semantica e di tutto il resto è essa stessa un oggetto che dilata il tempo di reazione dell'impulso atavico che, per sintesi non certo per convinzione, definisco animale. C'è in questa parte che definisco animale parecchio ancora da indagare, almeno per quanto ne so. Anche questo pensiero è pensiero.
Dunque la parola detta/udita ha a che fare con un noi personale, quella scritta, invece comporta una tale dilatazione del tempo immaginato sia dallo scrivente che dal lettore, una sorta di rilettura della parola detta. L'effetto sull'animale dell'esperimento parola, qual è?
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