La parola pensiero si presenta come un universo complesso, denso di storia, di significati e di stratificazioni che attraversano la filosofia, la scienza, la cultura e la vita quotidiana. Più che un semplice termine, è una lente attraverso cui si riflette la natura stessa dell’umano e del vivente. Nell’origine, la radice etimologica ci guida al latino pensare , verbo che nasce dall’idea di pesare, di soppesare con attenzione. Pensare non è dunque un gesto casuale, ma un atto di misura, di giudizio, di riflessione ponderata. Questo peso mentale, questa capacità di valutare ciò che si presenta, definisce l’essenza stessa del pensiero: un processo che misura e confronta, che dà forma e significato. Il pensiero si dispiega su più livelli. Nel linguaggio comune è l’attività con cui la mente elabora idee, ragiona, riflette. Ma questo significato, apparentemente semplice, si ramifica in ambiti più profondi e specifici. In filosofia, il pensiero diventa un tema centrale. Da Platone, c...
E' facile immaginare che una persona nascendo abbia contatti con l'esterno. Quando questo esterno comprende anche delle parole, allora l'oggetto parola assume una dimensione differente. L'oggetto parola si innesta nel sapiens al pari di un trasferimento genetico orizzontale. La parola non sta in noi o in chi ci ascolta; la parola è un oggetto esterno, come una linea, una linea che seca un unico insieme dicente/ascoltante. La parola non esiste se non detta/scritta e udita/letta (meglio esiste ma non la si sa) ma ognuno di noi sa che esiste e cos'è. La parola è un rapporto quindi, non siamo noi. Noi ne siamo solo condizionati. La parola infatti è bicondizionale e bicondizionante. A nessuno verrebbe in mente di prendere un libro pieno prevalentemente di interpunzioni dalla Biblioteca di Babele di Borges; e nessuno mai si sognerebbe di scriverne uno per quella biblioteca del cazzo. Se io parlo/scrivo e se qualcuno mi ascolta/legge questo condiziona entrambi. Io ho d...
L’origine della scrittura non va compresa primariamente come tentativo di trascrivere la parola, bensì come tecnica di registrazione e calcolo. Le più antiche testimonianze mesopotamiche mostrano un uso della scrittura per la gestione di merci, tributi e scambi, prima ancora che per la narrazione o la poesia. Essa nasce come strumento di memoria esterna, necessario per preservare informazioni che non possono più essere affidate unicamente alla memoria umana. In questa prospettiva, la scrittura assume un carattere politico: riduce il rischio di conflitto trasformando la forza in regola. La parola orale, bicondizionale e immersa in relazioni reciproche, espone a contraddizione continua; la scrittura, invece, stabilizza, fissa e converte il dire in traccia verificabile. La scrittura nasce dunque come tecnica contabile, evolvendo in tecnica politica e istituzionale. Jack Goody ha sottolineato come il passaggio dall’oralità primaria alla scrittura consenta nuove forme di organizzazione soci...
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