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con tanta pignoleria e lavoro

  "Bartleby, the Scrivener: A Story of Wall Street" Io non so l’Italiano quindi figuriamoci l’inglese. Non ricordo più bene ma saran circa trent’anni che l’ho letto. Ricordo anche che mi appassionò a tal punto il racconto da comprarne anche una versione con testo originale a fianco (che non capivo) e musicassetta con un attore che ne leggeva il testo (non lo capivo ma capivo un po’ di più che leggendo). L’attore ricordo era tal Wolfe e dalla pronuncia mi parve inglese. All’epoca, dell’edizione che stavo leggendo, mi sfuggi la parte bellissima di Celati, scritta a mo’ di introduzione e che a mio avviso è un vero capolavoro. In realtà acquistai il libretto più per un interesse verso Celati che per Melville. Quando leggo un libro tuttavia, io salto le introduzioni ma forse questa la lessi e semplicemente non la capii. Boh. Io, da quella prima volta che lo lessi, se devo far ‘na sintesi, lo trovai buffo. Mi faceva sorridere. Così dopo l’introduzione di Celati che è essa stessa un...

a.h.i.

  A un livello base, le parole italiane "intelligenza" e inglese "intelligence" sono molto simili, condividendo la stessa radice latina intelligentia . Tuttavia, ci sono differenze sottili ma significative nei loro significati e usi. Intelligenza (Italiano) In italiano, "intelligenza" si riferisce principalmente alla capacità mentale . È la facoltà di comprendere, ragionare, risolvere problemi, e apprendere. Può essere: Capacità cognitiva : L'abilità di una persona di pensare e capire ( L'intelligenza di un bambino ). Abitudine mentale : Il modo di usare la mente per fare o comprendere qualcosa ( L'intelligenza di un artista ). Concetto astratto : Un'entità non-materiale che permette il pensiero ( L'intelligenza artificiale ). Intesa/accordo : A volte, in senso figurato, può indicare un accordo segreto o una buona intesa tra persone ( C'è un'intelligenza tra i due alleati ). Intelligence (Inglese) In inglese, "intelligenc...

La parola come doppio regime: orale e scritta

Nascere significa essere gettati in un esterno già formato. Il neonato non conosce purezza né autosufficienza: dal primo respiro è immerso in un ambiente che lo tocca, lo nutre, lo condiziona. L’esterno non è contorno, ma condizione di vita. Per il sapiens, questo ambiente comprende corpi, odori, gesti e anche parole: vibrazioni ordinate che incidono l’orecchio e il corpo prima ancora di essere comprese. Qui si apre lo scarto decisivo. Quando l’esterno include parole, diventa linguistico. La parola non appartiene al corpo umano, ma vi si innesta come forza esterna capace di modificarlo. Da subito, il sapiens vive dentro un regime sonoro che lo plasma: la lingua. La parola orale non è proprietà di chi parla, né deposito di chi ascolta. Esiste solo bicondizionalmente: deve essere pronunciata e accolta, come corrente che circola soltanto se il circuito è chiuso. È anche bicondizionante: influenza simultaneamente parlante e ascoltatore, ridisegnando ruoli e vincolando entrambi a reagire. L...

Parola chatgpt da correggere (suo titolo: La parola come oggetto esterno e incarnato)

Nascere significa essere gettati in un esterno già formato. Non c’è alcun momento in cui il neonato sia “puro” o autosufficiente: dal primo respiro in poi è immerso in un ambiente che lo tocca, lo nutre, lo stimola. L’esterno non è un contorno, è la condizione della vita. È da lì che arrivano luce, suoni, odori, e soprattutto relazioni. Se l’esterno è fatto di corpi, gesti, rumori, allora l’essere umano non si distingue molto dagli altri animali: anche il cucciolo di lupo o di scimmia conosce subito il calore, la fame, il contatto. Ma nel caso del sapiens avviene qualcosa di ulteriore: tra gli stimoli che lo raggiungono ci sono le parole. Non le parole come concetto astratto, ma come materia sonora, come vibrazione che scalfisce l’orecchio e il corpo. Prima ancora di capirne il significato, il neonato è esposto a un regime di suoni ordinati, scanditi, ripetuti: la lingua. Qui avviene lo scarto decisivo. Quando l’esterno comprende anche delle parole, quell’esterno non è più solo mondo...

Parola

E' facile immaginare che una persona nascendo abbia contatti con l'esterno.  Quando questo esterno comprende anche delle parole, allora l'oggetto parola assume una dimensione differente.  L'oggetto parola si innesta nel sapiens al pari di un trasferimento genetico orizzontale. La parola non sta in noi o in chi ci ascolta; la parola è un oggetto esterno, come una linea, una linea che seca un unico insieme dicente/ascoltante. La parola non esiste se non detta/scritta e udita/letta (meglio esiste ma non la si sa) ma ognuno di noi sa che esiste e cos'è.  La parola è un rapporto quindi, non siamo noi.  Noi ne siamo solo condizionati. La parola infatti è bicondizionale e bicondizionante. A nessuno verrebbe in mente di prendere un libro pieno prevalentemente di interpunzioni dalla Biblioteca di Babele di Borges; e nessuno mai si sognerebbe di scriverne uno per quella biblioteca del cazzo. Se io parlo/scrivo e se qualcuno mi ascolta/legge questo condiziona entrambi. Io ho d...

Tempo

  Laggiù intravedo un albero o meglio una radice. Una sua semplificazione. Dal seme si dipartono due rami di radice e dalla fine di ogni ramo una biforcazione che rappresenta, in un ipotetico grafico a radice, una duplicazione del seme originario e così fino alla morte. È questa la mia immagine del tempo ora che nel grafico mi trovo decisamente verso il basso a tentare di risalire al seme.

Devoto Oli 1971

sènso s. m.  1. Facoltà di ricevere impressioni da stimoli esterni: animali dotati di s.; organi di s. | più com. Ciascuna delle funzioni per cui l'organismo vivente raccoglie gli stimoli provenienti dal mondo esterno e dai suoi stessi organi, informandone o meno la coscienza: i cinque s., la vista, l'udito, il gusto, il tatto e l'odorato; al pl., gli strumenti periferici che ricevono gli stimoli esterni (cioè gli organi di s.): percepire coi s., per mezzo dei s. | Sesto s., ipotetica facoltà capace di percepire per vie extranormali; più com., capacità d'intuizione singolare o non comune | Sempre al pl., attività degli organi di senso: perdere l'uso dei s.; con riferimento al dominio della coscienza: perdere i s., per svenimento; riprendere i s., ritornare in sé.  2. Con riferimento alla connessione dei sensi all'esclusivo ambito materiale, questi possono rappresentare una funzione conoscitiva imperfetta e limitata (le illusioni dei s.) o anche 'l'impul...